Domenica ci sono venuti a trovare un mio amico dei tempi dell’Università con la moglie e le loro due bambine coetanee delle mie, si rideva e scherzava e il pomeriggio è volato via come sempre succede quando fai qualcosa che ti piace e le ore passano veloci come minuti.
La sera mi sono ritrovata a ricordare che fu proprio lui a mettermi in contatto con una signora che voleva affittare un monolocale a Roma e così i ricordi si sono agganciati l’uno con l’altro come anelli di una catena.
Ma andiamo con ordine: correva l’anno 2002 mi laureai ad aprile e trovai fortunatamente subito il mio primo lavoro, al rinnovo del contratto dopo tre mesi, ricordo che mi proposero quello che all’epoca si chiamava “contratto di formazione lavoro” per un paio d’anni e così, presa dall’entusiasmo, iniziai a spargere la voce tra i miei amici riguardo il mio desiderio di andare a vivere da sola.
Fino a quel momento, non avendo entrate economiche fisse che mi potessero permettere di matenermi da sola, continuavo a condividere con mio fratello l’appartamento a Roma in affitto pagato dai miei genitori.
Dopo 4 anni di tasse universitarie e altrettanti di affitto e mantnimento tout cour da parte dei miei, ritenevo opportuno e se vogliamo anche dignitoso, sganciarmi economicamente da loro e realizzarmi in piena autonomia.
Fu proprio lui D. a mettermi in contatto con questa signora che affittava un piccolo appartamento che si era appena liberato all’ultimo piano di una palazzina gialla, sempre in zona Montesacro.
L’appartamento mi piacque subito ed essendo libero e appena ritinteggiato, potevo trasferirmi nel giro di pochissimi giorni, ma dopo l’euforia di riuscire a realizzare un mio sogno in così poco tempo, realizzai che avrei dovuto affrontare uno dei momenti più impegnativi a livello emotivo della mia vita in piena consapevolezza che sarebbe stato così.
Non fu tanto scegliere di andare a vivere da sola, che sentivo essere una scelta non solo istintiva ma un inizio di un percorso per il quale mi sentivo pronta, ma la difficoltà emotiva maggiore per me era il comunicarlo ai miei genitori.
Ricordo come se fosse ieri che ci trovavamo a pranzo il sabato successivo al mio sopralluogo, i miei genitori erano saliti per passare qualche giorno in nostra compagnia e così ad un certo punto presi fiato e fissando il piatto dissi: “sapete che ho trovato una casa, un appartamento carino, qui vicino…” e mio padre rispose istintivamente “ma un appartamento per chi?” e io risposi senza indugiare: “per me” Papà chiese stupito:”per te?” e lo seguì mio fratello: “come per te? perché vuoi andare a vivere da sola?“. In quell’istante, da quella domanda così esplicita e dal mio “Sì” nessuno più di loro tre ascoltava le mie successive parole che spiegavano le motivazioni e i calcoli che avevo fatto… li guardavo ed era come se la mia voce fosse senza suono…
Io parlavo ma nessuno ascoltava davvero perché fondamentalmente a nessuno interessava il perché dell mia scelta, non era comunque una scelta condivisibile nè comprensibile…dov’ero in effetti non mi mancava nulla e nessuno di loro aveva mai lamentato il doverci mantenere per qualche anno ancora.
Ricordo che il silenzio assordante nel quale si chiuse mio padre, che non proferì più neanche una parola, fu la cosa che mi fece più male in assoluto perché speravo lui ascoltasse o almeno facesse finta di ascoltare…mentre avevo previsto che mia madre disperata si sfogasse contro di me con tutto il suo Amore.
Mi trasferii nel giro di una settimana in cui nessuno mi parlava in casa, mia madre continuava a essere convinta “di aver sbagliato tutto con me e che non era riuscita a trasferirmi i valori di una famiglia unita“, ho preparato un paio di valigie con le mie cose, il resto l’acquistai da ikea e feci per la prima volta la spesa al supermercato solo per me.
Passarono 3 mesi prima di riprendere i rapporti con i miei familiari, 3 mesi in cui io quotidianamente chiamavo mia madre solo da numero privato sperando in una risposta, ma le telefonate non andavano oltre il “pronto Mamma“, non riuscivo a comunicare in nessun modo con lei che era tornata giù in Calabria…e pensare che per me era uno dei momenti più importanti della mia vita e non mi veniva data la possibilità di coinvolgere la mia famiglia e a far capire loro che io volevo solo crescere e prendermi le mie responsabilità e questo mio desiderio non mutava il mio amore verso di loro, attraverso l’ intercedere di mio padre riuscii a fare accettare ad entrambi un invito a pranzo a casa mia e così abbiamo iniziato a riprendere lentamente i nostri rapporti e credo che da quel giorno abbiano iniziato, forse inconsapevolmente, ad essere davvero fieri di me.
Non li ho mai giudicati, neanche in quel periodo, perché li conosco e penso che non c’è un modo di amare i propri figli giusto o sbagliato, la mia decisione per loro era un volermi staccare dalla mia famiglia, ma in realtà era un modo per affermare me stessa senza voler andare contro di loro, al contrario la mia scelta era stata presa in nome del mio volermi bene e mettermi alla prova, sentimento che non ha mai voluto escludere l’amore nei loro confronti.
Il mio monolocale era diventato proprio il mio nido, l’avevo personalizzato ed era per me come aver conquistato una terra dove iniziare a crescere, dove tornare tutte le sere e pensare solo a prendermi cura di me stessa…per me era una sensazione molto gratificante seppur non sia stato sempre facile.
Di quella prima casa, dove rimasi per 3 anni, ricordo soprattutto la cucina in muratura, il frigo marrone molto “anni 50”, una parte di balcone era stata chiusa con dei vetri creando uno stanzino che d’estate faceva un “effetto serra” da svenire ma i panni si asciugamano nello stesso giorno, poi c’era un bagnetto piccolo con una piccola vasca da bagno che lo faceva sembrare accogliente e più grande di quanto effettivamente fosse.
Una sera lasciai le chiavi dentro l’appartamento e il mio vicino di casa, che vedevo poco perché avevamo orari diversi, ma che la sera ascoltava la musica house con un volume così alto da far letteralmente tremare i muri e costringendomi a spostare tutte le foto e gli oggetti dalle mensole per non farli cadere per terra, riuscì ad aprire la porta con una semplice scheda telefonica che all’epoca si usava nei telefoni pubblici!
Un altro ricordo che porto con me è legato alla Fonte dell’acqua Sacra che era proprio sotto casa e dove andavo a riempire le mie bottiglie, era la mia routine del sabato dopo pranzo, quando non c’era fila e nel silenzio del vialetto si sentiva solo l’acqua scorrere e il suo rumore mi faceva compagnia.
Il mio consiglio è prendi il coraggio due mani e anche se qualche sacrificio dev’essere fatto ricorda di volerti bene…solo così supererai le difficoltà e sarai fiero di te e di ciò che stai costruendo!
E tu ricordi la prima casa dove sei andato a vivere da solo o con qualche amico magari fuori sede? Hai anche tu qualche aneddoto o gesto legato a uello periodo?
…unisci anche tu il tuo puntino…
Anche per me è stata una conquista. La prima notte non la dimenticherò mai. Troppo agitata ma felice…
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È vero!!!! La prima notte fu memorabile pure per me…sentivo mille rumori e guardavo il soffitto pensando :” ce l’ho fatta!” 🙂 grazie!
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sono passati diversi decenni (ahimè…) ma il ricordo è così vivo che sembra una cosa avvenuta pochi anni fa.
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Zona Montesacro…. anche il mio primo appartameno era in quella zona!!! Grande vasca da bagno “rosa”… un muro di cartongesso mi divideva dai vicini… coinquilini quasi del medesimo appartamento, ma mai visti…. unico contatto: dei gran colpi al muro se un’ amica restava a cenare con me…. forse la mia tavola era proprio dietro la testata del loro letto? Boh!? Pochi mesi… e un nuovo trasloco!
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Che ricordi! Grazie Monica! 🙂
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