Sabato sera, appuntamento davanti a un locale a Milano per mangiare una pizza in compagnia di amici, nell’attesa del loro arrivo, ritardato dal dover trovare parcheggio, mi accorgo della presenza sul marciapiede di una cabina telefonica, sì proprio una classica cabina telefonica con le pareti in vetro trasparente, il pavimento che fa rumore e il telefono grigio metallizzato senza angoli a forma ovale.
Questa è la “versione moderna” del telefono in cabina che quando ero un’adolescente era arancione, rettangolare e con i tasti grigi metallizzati quasi sempre più scuri rispetto alle altre parti del blocco perché consumati, e devo dire che nonostante un aspetto non esteticamente bello a me trasmetteva un bellissimo senso di “libertà” che il comodo e moderno telefono di casa non mi ha mai dato.
Io ho vissuto la mia adolescenza in anni in cui non si era reperibili 24h su 24h, oggi può sembrare “incredibile” eppure noi riuscivamo a comunicare lo stesso, a dirci “ti amo” o “ti odio” seppur con meno tempestività, ma forse proprio per questo con più consapevolezza… per comunicare dovevi aspettare e l’attesa spesso aiutava a non cedere alla frenesia che induce a volte alla superficialità del contenuto delle nostre conversazioni.
Ricordo quei 5/10 minuti prima della lezione d’inglese spesi a chiamare amiche per confidarsi gli ultimi accadimenti o il ragazzo che mi piaceva, senza l’ansia di essere ascoltata da orecchie familiari e indiscrete…
La cabina telefonica pubblica per me è stata la mia più concreta forma di ossimoro mai vissuta, mi spiego meglio: l’ossimoro è, nella lingua italiana, una forma retorica che affianca due parole che sono l’una l’opposto dell’altra; la cabina telefonica per definizione “pubblica” per me era l’unico posto “privato” della mia adolescenza.
Momento chiave fu il passaggio dalla cabina a gettoni a quelle con la tessera telefonica… una vera rivoluzione per chi, come me, utilizzava la cabina telefonica con frequenza. Finalmente niente più gettoni pesanti e da inserire di continuo per non far cadere la linea proprio nel bel mezzo di un racconto o una confidenza… e poi quella tesserina così leggera a cui era spesso destinata parte della mia paghetta che ebbe un’evoluzione anch’essa ma nel design al punto che ricordo qualcuno che le raccoglieva per conservarle anche se senza più credito.
Certo che, quando le mie figlie mi hanno indicato la cabina telefonica stupite e incuriosite nel vedere un telefono con una cornetta attaccata ad un filo in mezzo al marciapiede mi è preso un colpo e mi son sentita anziana!! Ma poi quando si son ricordate che “era il posto dove Superman si trasformava”, allora ho sorriso al loro personalissimo ricordo legato ad una cabina telefonica!
Le telefonate fatte di nascosto in mezzo al traffico calabro (come potete immaginare a dir poco rumoroso), sono quelle che mi facevano davvero emozionare e oggi quel ricordo mi fa sorridere teneramente della mia adolescenza.
…e tu hai mai usato una cabina telefonica per chiamare un’amica o un amore?… hai qualche aneddoto da raccontare?
…unisci anche tu il tuo puntino…
A voglia se ne ho di ricordi 😀 Facevo pure la collezione delle carte telefoniche, ne avevo tantissime.
Ricordo anche quando c’erano i gettoni e che quando volevi prendere delle caramelle o qualcos’altro, spesso costituivano una forma di pagamento (o di resto) in sostituzione delle 200 lire ahahahah
Ricordo le telefonate a casa per avvisare, ai miei nonni che abitavano lontani, una volta partecipai pure da una cabina ad un concorso per la rivista di cinema Ciak e vinsi un videogioco ;D Oppure le telefonate alla radio locale per richiedere canzoni da mandare in onda.
E pensare che non c’era tutta la tecnologia odierna ma comunicavamo lo stesso. Senza Facebook e WhatsApp.
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Quanti ricordi!!! Grazie!!! ✌🤗
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😊🤗
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