“Lei aveva 21 anni ed era tornata a Roma i primi giorni di Settembre per la sessione degli esami prima dell’inizio delle lezioni.

Si presentò il 10 a sostenere un esame e il 12 ne aveva un altro.
Quel primo esame lo superò senza problemi, al secondo neanche si presentò.

Tornò a casa prima di pranzo, si sdraiò sul letto alleggerita dal pensiero dell’esame superato e si svegliò con la voce di sua madre che la invitava a lavarsi le mani e mettersi a tavola.
Non aveva molta fame ma sua madre aveva preparato e anche se mangiò poco, non si negò al piatto di pasta.
Quel pomeriggio iniziò a stare male, a dar di stomaco fino a non reggersi in piedi. Svenne.

Non era sola e subito la sua famiglia si accorse che c’era qualcosa di strano, non sembrava un malessere legato alla tensione per l’esame o alla stanchezza.

Durante la notte chiamarono i soccorsi, che arrivarono dopo poco, le attaccarono una flebo per calmare i dolori che la attanagliavano e per farla smettere di dare di stomaco…quella notte sembrava non finire mai.
Il giorno dopo andarono un paio di medici amici di famigliaa visitarla, Lei era stremata e a mala pena teneva gli occhi aperti.
Da quel giorno iniziò lentamente una ripresa, una settimana di flebo e poi pian piano ricominciare a mangiare, iniziare una dieta per recuperare i molti kili persi…fu dura non solo fisicamente, ma si riprese.”

Questo è stato lo tsunami della mia Vita.

La sensazione più forte che vivo ancora ripensando a quei giorni è la dissociazione più totale tra la mia testa e il mio corpo. La testa aveva chiara l’importanza del cibo…e anche dell’acqua, il mio corpo rifiutava tutto.

L’ostacolo fisico lo superai nel giro di un mese, tornai all’università e credo che nessuno si fosse accorto di niente.
Nel frattempo iniziai volentieri, perché sentivo che era necessario per me ed era arrivato il momento giusto, un percorso fondamentale per la mia Vita: quello dell’analisi di me stessa, della vita che avevo condotto fino a quel giorno e allo stesso tempo l’analisi della mia capacità di essere “artefice del mio destino”.

Affidai i miei ricordi, la mia vita e le mie emozioni a Lei. Ed è solo grazie a Lei che io ho avuto il coraggio di afferrare la mia Vita e di essere oggi la donna che sono, nel bene e nel male.

Lei, che ha il nome di un fiore, mi ha fatto vedere chi ero veramente “mettendomi in mano uno specchio e facendomi diventare la migliore amica di me stessa, quella che ti consiglia ciò che pensa sia giusto… ma che non sempre è davvero la cosa giusta.

Ho imparato che sia l’alba che il tramonto fanno parte della giornata e così nella Vita c’è sempre un inizio e una fine: un amore, un’ amicizia, un lavoro, un periodo in cui sei “in fissa” con i capelli lunghi o corti, un periodo in cui studi una materia poi dai l’esame è poi inizi a preparne un’altra.

Inizio e Fine.

Tutto ha un inizio e una fine, ma come vivi “la giornata tra l’alba e il tramonto” lo devi decidere tu, perchè l’unica costante di questo ciclo sei e sarai sempre e solo Tu.

Ho imparato a non giudicarmi, a non essere troppo severa con me stessa, a cadere e rialzarmi perché la Vita va vissuta appieno e in maniera coerente con noi stessi in primis e poi con gli altri.

Ho iniziato a guardarmi dentro e a farmi valere, a dare valore ai miei pensieri e che le persone di cui mi voglio circondare sono quelle che mi fanno stare bene e che hanno voglia di passare del tempo con me, senza rincorrere o pregare nessuno.

Fin quando mi potrò guardare allo specchio e volermi bene allora potrò dire di aver vissuto appieno questa Vita che inizia e finisce quando meno te l’aspetti.

Non ho domande alla fine di questo post ma se vuoi unire il tuo puntino… sono qui.