Uno dei momenti che hanno maggiormente caratterizzato il mio periodo universitario e di lontananza dal nido familiare era quello dell’arrivo di Mamma con il treno a Roma.
Lei iniziava ad organizzarsi settimane prima e la domanda era sempre la stessa: “Dimmicosa vuoi che ti porto da casa?” La mia prima risposta era ovviamente qualcosa di gastronomico che a Roma non riuscivo a trovare, come per esempio le “olive schiacciate”di mia nonna oppure la passata di pomodoro fatta in casa, ma le mie risposte non erano mai soddisfacenti in termini di quantità, per cui la domanda mi veniva ripetuta almeno due volte al giorno nella speranza di aggiungere qualcosa alla lista che lei aveva già in mente.

Seguivo i preparativi dalle sue telefonate, so che iniziava con lo scegliere il tipo di borsone da portare, poi preparava prima quelli con i regali che comprava per noi o per la casa (ricordo parure di strofinacci di tutti i colori e dimensioni, stracci per pulire, ascigamani e addirittura le tende cucite dalla Commare in base alle misure prese l’ultima volta di nascosto!) dopodiché si passava ai viveri a lunga conservazione e infine l’ultima borsa che veniva riempita era la forse la più importante: la borsa frigo!

La sera prima della partenza posizionava tutte le valigie e borsoni preparati in “stile tetris” dentro la macchina e con soddisfazione mi comunicava “è entrato tutto!”.

Il giorno della partenza circa un’ora prima dell’orario stampato sul biglietto, Papà  e Mamma si presentavano in stazione scaricando i pacchi con un “rituale” consolidato: in un primo momento dalla macchina all’ingresso della stazione (uno dei due andava poi a parcheggiare la macchina mentre l’altro aspettava con “il bottino” lì davanti) poi iniziavano le difficoltà. Sì perchè la struttura della stazione della mia città, a differenza delle altre stazioni delle grandi città italiane, ha i binari rispetto all’ingresso della stazione in posizione orizzontale, per cui per arrivare al “binario 3” bisogna scendere le scale e risalirle al binario. Ma come portare in due su e giù per le scale la quantità di valigie preparate da mia Madre, senza perderne d’occhio qualcuna? Lei inevitabilmente attirava l’attenzione di ragazzi che, guardandola stupefatti, non riuscivano a fare a meno di darle il proprio aiuto che risultava essere fondamentale.

Nel frattempo Papà “organizzava le letture del viaggio” per cui si dileguava in quel dell’edicola, cosicché arrivato al binario, sempre all’ultimo momento,  trovava lei e i bagagli già sistemati sul treno.

Alla partenza mia Madre mi telefonava per comunicarmi che erano partiti in orario e che mi avrebbe richiamata quando erano “all’altezza di Napoli”, per informarmi se c’era ritardo o meno.. la telefonata si chiudeva sempre alla stessa maniera: io le domandavo: “quanti bagagli hai portato?” e lei mi rispondeva: “Prendi due / tre carrelli…” Andavamo sempre a prenderla in due: mio fratello ed io, quando puoi mi fidanzai andavamo in tre; sembravamo i tre moschettieri “armati” ognuno di un carrello. Ci posizionavamo all’altezza della carrozza e aspettavamo che scendesse la gente per non intasare la discesa, la Mamma da sopra la carrozza già si sbracciava e sorrideva contenta, arrivato il momento dello scarico si contava: “1 2 3 4 5 6 -attento in quello ci sono le uova! – 7 8 9 10 e 11 ! ok ci sono tutti, possiamo andare!” e finalmente ci potevamo abbracciare e salutare con la serenità che tutti i pacchi erano arrivati a destinazione.

Ho “sgridato” spesso mia madre, poi altre volte la lasciavo fare senza però capire fino in fondo la sua gioia nel preparare tutto e portarlo su.

Superficialmente non capivo il gesto e la fatica, pensavo che in una città come Roma, dove potevi trovare di tutto, che senso aveva portare formaggi della stessa marca? A me importava solo avere Lei con me…non capivo il senso e la fatica che legavo a tutti quei borsoni… poi con il tempo, ho capito che anche nel formaggio che si trovava al supermercato di Roma, c’era dietro un sentimento di accudimento e di coccola che lei esprimeva nell’acquisto di quel formaggio giù e nel portarlo a casa da noi.

Ancora oggi mia madre mi manda dei pacchi tramite un corriere con dentro le sue coccole fisiche per tutti e quattro e ogni volta che “arriva il pacco della Nonna” a casa c’è una gran festa!

Ho imparato dai miei sbagli (forse tardi) e così ho insegnato alle mie bambine ad apprezzare questi gesti che ho imparato a  riconoscere come coccole a distanza.

...e tu hai mai ricevuto delle “coccole a distanza”?…

…unisci anche tu il tuo puntino…