6. La storia di Claudia e Lucia.
ore 7:00. Suona la sveglia di Lucia e come ogni mattina la spegne con gli occhi ancora chiusi e, ottenuto il silenzio, affonda il viso nel cuscino come a voler nascondersi dall’obbligo di doversi alzare…”uff” sospira, si tira su e contemporaneamente accende la radio, un po’ per abitudine un po’ per il bisogno di compagnia.
Apre l’acqua calda della doccia, va in cucina, beve un bicchiere d’acqua, accende la macchinetta del caffè inserisce la capsula nuova e corre sotto la doccia. Il calore dell’acqua, il vapore creato nel piccolo bagno e una ballata lenta che passano alla radio, fanno scoppiare Lucia in un pianto che nasconde tra le note della canzone e il getto della doccia puntato sulla fronte.
“Basta!” – un colpo netto alla manopola della doccia e interrompe il getto d’acqua, si asciuga velocemente il corpo e il viso, lacrime incluse, accende il phon che copre la musica della radio che così “parla da sola”. Si veste velocemente, preme il pulsante della macchinetta del caffè e così inizia ad uscire il suo espresso caldo, lo beve mentre controlla gli appuntamenti in agenda, scorre il dito e si sofferma sulla scritta”ore 15 riunione col Capo” …”oddio che palle..ma cosa vuole da me …ufff”, posa la tazzina nel lavandino e la riempie d’acqua, si mette le scarpe ed esce.
Sul tram, su cui sale al volo, prende in mano il cellulare, come fanno quasi tutti intorno a lei, e vede il nr. 2 campeggiare sul logo di Whatsapp: due messaggi che le ha scritto Riccardo. Il primo ricevuto alle ore 22 30: “ciao Lucia, spero di non disturbare, ti stavo pensando e volevo sapere se posso chiamarti per fare quattro chiacchiere”. Il secondo delle ore 23: “Domani ci sarai all’evento dell’associazione? se ti fa piacere posso passare a prenderti…fammi sapere! Ciao!”.
Lei sorrideva leggendo quei messaggi, di cui la sera prima non aveva neanche sentito il beep di arrivo, ma fa un profondo respiro che sembra un sospiro e scrive una risposta veloce: “Ciao! Scusa leggo solo ora. Ci vediamo direttamente lì. Buona giornata e grazie del pensiero” – invio e scende al volo alla sua fermata.
Lucia lavora in un’azienda molto organizzata, il suo lavoro, che aveva sempre svolto con passione, impegno ed entusiasmo per i risultati raggiunti di volta in volta, da qualche mese a questa parte era diventato senza che Lucia se ne accorgesse frutto di mera routine fin quando quel pomeriggio Giovanni, senza “girarci intorno” la mise davanti alla sua scelta: “Lucia, inutile girarci attorno ti voglio comunicare che da lunedì non lavorerai più per me. I tuoi risultati negli ultimi mesi sono stati a dir poco pessimi ma non vogliamo lasciarti a casa”. Lucia lo interruppe: “Cosa??? Tu sai quanto amo il mio lavoro e sai che risultati ho portato in azienda negli ultimi cinque anni, un momento di calo è fisiologico ma recupero a breve” ma Giovanni ribattè a tono “Sarà anche fisiologico ma io sono il tuo responsabile e non posso concederti altre possibilità a me interessa cosa fai o non fai adesso/oggi. Il passato non mi riguarda, non puoi pensare di adagiarti su risultati di anni fa. Quindi da lunedì sarai spostata nell’ufficio di Sara che ha una ragazza che sta per entrare in maternità.” – “Da Sara alla fatturazione? Ma io che ne so di fatturazione? Io sono un commerciale! Ma perché mi fai questo? Sto per rinnovare il contratto con l’Agenzia Glamour!” – “Abbiamo deciso Lucia, è fiato sprecato. Un periodo ferma in ufficio ti farà bene”. Lucia si alzò senza aggiungere altro, salutò Giovanni e uscì dalla stanza.
Non era arrabbiata, non era triste, si sentiva vuota, come anestetizzata, non sentiva nulla. La chiamarono per organizzare il trasloco di scrivania, pc, nuovo numero interno e poi la chiamò Sara per chiederle di fare un salto da lei per parlare delle sue nuove mansioni e attività. Lucia rispose con gentilezza e si presentò puntuale come era solita fare, prese appunti sul suo quaderno dal quale non si separava mai né in ufficio né fuori. Sara dopo averle presentato la nuova situazione lavorativa le chiese se aveva bisogno di qualche informazione aggiuntiva, Lucia rispose che era tutto chiaro e Sara chiuse l’incontro con una sorridente “Benvenuta nella nostra squadra”, Lucia accennò un sorriso e rispose “grazie”.
Uscì dall’ufficio, riprese il tram, prese il suo cellulare altri 2 nuovi messaggi: il primo era di Riccardo che le aveva risposto quasi subito la mattina dopo aver ricevuto la risposta di Lucia: “Benissimo! Allora ci vediamo stasera, se cambi idea passo volentieri a prenderti!”. Il secondo era di Claudia “Ciao Beddazza! Come la va? 😊 noi siamo alle prese con la scelta del nome: tu che ne pensi meglio Achille (proposta di Giorgio) oppure il magnifico nome di Davide??? O hai qualche suggerimento? Tvb ci sentiamo presto!”.
Finiti di leggere non rispose a nessuno dei due e ripose il cellulare dentro la tasca destra ma continuando a tenerlo in mano.
La sera non andò all’evento e scrisse a Riccardo che le chiedeva che fine aveva fatto, rispose che non stava bene e di salutare tutti.
Si chiudeva alla vita piano piano, a volte sentiva che era dentro un circolo vizioso ma non sentiva la forza di tirarsene fuori. Si lasciava cadere. Non sapeva che proprio da quel cambiamento di lavoro che sembrava la fine di tutto in realtà da lì sarebbe iniziato tutto.
I primi giorni nel nuovo ufficio si sentiva spaesata e a volte un po’ fuori luogo. La collega che le insegnava il nuovo lavoro, esibiva seppur involontariamente, il suo pancione, i suoi attacchi di fame, la sonnolenza soprattutto post pranzo che veniva interrotta dal bimbo che scalciava, le ecografie esposte. Tutto questo non l’aiutava affatto e si trovava a pensare…”quel pancione avrei potuto averlo io…” ma poi ripeteva a se stessa che era ‘meglio così’.
Tutto cambiò dopo una videochiamata skype con Andrea al quale Lucia raccontò le ultime novità senza nascondere il suo disagio e lui le disse che il primo passo che avrebbe dovuto fare, secondo lui, era cercare di cambiare il suo atteggiamento da vittima sacrificale e dare una possibilità in positivo alle nuove colleghe che l’avevano accolta con il sorriso e con cordialità continua nonostante lei fosse rimasta distaccata per tutta la prima settimana “Lasciati andare, meno pensieri negativi e giudizi verso te stessa così duri. Usa meno la testa e sorridi di più! Think positive!”…eh, la faceva facile lui…
Andrea le scrisse un messaggio “ricordati i cristalli di Emoto!” Questa semplice frase riportò il sorriso a Lucia…un sorriso che questa volta le rimase a lungo.
Masaru Emoto studiò i cambiamenti nei cristalli di acqua in base alle vibrazioni negative o positive a cui veniva sottoposta l’acqua. Se l’acqua in un contenitore viene sottoposta alle vibrazioni di parole (e pensieri) positive forma dei
cristalli bellissimi simili a quelli della neve, se l’acqua è sottoposta alle vibrazioni di parole (e pensieri) negative reagisce creando strutture amorfe e prive di armonia.
Se pensiamo al fatto che il nostro corpo è per il 70% formato da acqua “il gioco è fatto!”. Ed ecco che Lucia riuscì a mettere a fuoco che il suo volontariato del sorriso per i pazienti dell’ospedale doveva rivolgerlo anche verso se stessa e iniziò così a percorrere una nuova strada.
Il giorno dopo rispose al messaggio di Claudia scusandosi per il ritardo e suggerendo per il bimbo Il nome di “Emoto”!
…to be continued…
Questa storia mi prende sempre più, bravissima 😀
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Grazie 😊
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